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Sud Est: te notte

Non esiste un tempo comune a diversi luoghi, ma non esiste neppure un tempo unico in un singolo luogo.

"Non esiste un tempo comune a diversi luoghi, ma non esiste neppure un tempo unico in un singolo luogo"

L'ordine del tempo, Carlo Rovelli

In un momento in cui il mondo moderno corre sempre più veloce verso il futuro, i treni ci permettono di essere trasportati attraverso il tempo, oltre che lo spazio, testimoniando il passaggio di vite e storie che hanno caratterizzato la nostra terra e la nostra cultura.

L'obiettivo è riuscire a rivelare l'anima silenziosa e decadente delle Ferrovie del Sud Est nel territorio salentino.

Il ferro arrugginito delle rotaie è la testimonianza tangibile di un'epoca passata, quando la Ferrovia del Sud Est del Salento era il principale mezzo di trasporto e comunicazione nella regione.

Immersi nel mistero della notte, questi scatti catturano la bellezza dei treni in rovina, che riposano silenziosi, avvolti nell'oscurità, imponenti e intrisi di fascino. Tra ombre e luci filtrate, ci si immerge in una sensazione di malinconia e di perdita, dimenticanza e abbandono. Queste percezioni mi hanno spinto a voler dar loro dignità, testimoniando la resistenza del tempo e la persistenza della memoria, invitando l'osservatore a riflettere sulla relazione tra l'uomo e l'ambiente.

I treni abbandonati si fondono con il paesaggio circostante, mescolando il loro metallo arrugginito con la terra rossa e la vegetazione rigogliosa. Ed è in questo dialogo tra natura selvaggia e storia ricca di cultura del contesto salentino, che queste immagini acquistano un significato più profondo, portandoci a riflettere sulla sostenibilità e sull'equilibrio tra sviluppo e conservazione.

Il passato si intreccia al presente, il presente si intreccia al futuro, come rotaie di treni.

I treni, una volta simboli di progresso e connessione ed ora dimenticati e abbandonati dalla modernità, con la loro aura di grandezza hanno ancora uno spazio di rinascita, magari attraverso il recupero e il restauro.

Questi scatti, quindi, sono porte aperte su mondi passati, presenti e futuri, che ci invitano a esplorare il nostro legame con il tempo, la memoria e il paesaggio. Sono inviti alla riflessione e alla contemplazione, che ci aiutano a dare senso al nostro posto nel mondo e alla nostra relazione con il passato che ci ha plasmato.

A completare il progetto, per amplificare la carica emotiva e offrire uno sguardo poetico sulla fragilità dell'esistenza umana e sulla persistenza della natura nel reclamare ciò che è suo, ho scelto di scattare in notturna. E così, la bellezza decadente si fonde con la quiete della notte, che regala una visione affascinante e intima sulla storia dimenticata dei binari della Sud Est.

Selected for MIA Photo fair 2024

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A conventional Venice

Every time I describe a city I am saying something about Venice | Ogni volta che descrivo una città dico qualcosa di Venezia

“Every time I describe a city I am saying something about Venice”.

These are the words told by Marco Polo in conversation with Kublai Kahn into the novel “Invisible Cities” by Italo Calvino.

I’ve always thought that describing a city only by its historical and artistic content returns an important aspect of it but not its complexity. Since Venice is known for its beauty and historical value it seems unconventional to show its more conventional side.

In this project you will find only a few references to the classical vision of Venice told into city guides. I tried to show a unique city without abusing of its iconic views. With some exceptions.

The city has many arcades and passages (called “sottoporteghi”) and narrow streets (“calli”) which open up into wide spaces such as squares called “campi”, the Italian translation of “fields”.

By interchanging the shots of these two categories I try to convey the feeling of a stroll without a prearranged destination; as a flâneur I follow a free path.

An itinerary imagined from sunrise to sunset that aims to discover the city beyond postcards.

“Ogni volta che descrivo una città dico qualcosa di Venezia.”

Nelle sue “Città invisibili”, Calvino fa pronunciare queste parole a Marco Polo durante un confronto sui luoghi visitati con Kublai Kahn.

Ho sempre pensato che raccontare una città nella sua accezione storico-artistica è coglierne solo un aspetto, importante ma limitato. Al punto che diventa inconvenzionale raccontare/mostrare la Venezia convenzionale.

In questo progetto vi è poco della Venezia classica che emerge, di solito, dalle guide turistiche. Ho cercato di presentare una città unica senza fare leva sulle sue iconicità. Tranne qualche eccezione.

La città possiede molti passaggi (sottoporteghi) e viuzze (calle) che trovano sbocco in spazi ampi, i campi e le piazze a volte paradossalmente fuori scala.

Alternando gli scatti di queste due categorie cerco di trasmettere la sensazione del camminar lento, tipico del flâneur, senza seguire itinerari prestabiliti, ma lungo un percorso libero.

Un percorso immaginato dall’alba al tramonto che si prefigge di scoprire la città dietro le cartoline.

 

Selected for Miradas Compartidas 22

Published on Docu Magazine vol.3, issue 9, 2022

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through | attraverso

Telling the places by passing through them | Raccontare i luoghi passandoci attraverso

Raccontare i luoghi passandoci attraverso.
Questo è lo scopo che si prefissa il progetto. Progetto che non ha la presunzione di portare da qualche parte ma semplicemente vuole spingere a soffermarsi su un luogo poco considerato, spesso trascurato, e tanto caro a Walter Benjamin: i passages.

Telling the places by passing through them.
This is the aim of the project. Project that does not presume to lead somewhere but simply it wants to push us to dwell on a little considered place, often neglected, and so dear to Walter Benjamin: the passages.

 

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attravèrso (o a travèrso) prep. - Da una parte
all’altra, in mezzo a, per entro: mettere una catena a.
la strada (o a. alla strada); passare a. i campi, a. la
siepe; non riusciva a passare a. la porta; penetrò a. la
calca; guardare a. le lenti, a. il buco della serratura.

Fonte: Treccani

 
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